La tradizione teatrale di San Severo
scaturisce dalla cultura e dalla sensibilità dell’antica aristocrazia
cittadina. Già ai primi anni del Seicento, infatti, sono attestate in città
alcune sale di palazzo, messe a disposizione da colti signori, in cui ci si
dedicava ai piaceri delle lettere e della musica, non di rado condividendoli
con ospiti forestieri. Ma fu solo intorno alla metà del Settecento che nacque
il primo teatro pubblico sanseverese, realizzato in una sala dell’antico
Palazzo del Decurionato, nel cuore della città, e attivo fino ai primi anni
dell’Ottocento.
Il 21 novembre 1819 fu inaugurato, invece,
il Real Borbone, il primo teatro all’italiana di Capitanata e uno dei
primissimi nel Mezzogiorno. Con una comoda platea e tre ordini di palchi, per
oltre 430 posti complessivi, il Real Teatro rappresentò per la città il luogo
culturale privilegiato per oltre un secolo, fino alla chiusura nel gennaio
1927.
Considerata l’inadeguatezza del vecchio
teatro, divenuto insufficiente rispetto alla popolazione, già nel 1925
l’Amministrazione Comunale prese in considerazione l’opportunità di costruire
un nuovo edificio per gli spettacoli, incaricando per la redazione del progetto
l’ing. Ricci. Il suo progetto, approvato nel 1926, fu poi accantonato. Seguì,
nel 1928, il progetto dell’ing. Recca, risultato talmente sgraziato da dover
essere radicalmente rifatto dall’ing. Celozzi alla fine dello stesso anno.
Celozzi seppe risolvere molti dei problemi legati alla costruzione del grande
edificio sull’area trapezoidale del giardino dell’ex monastero di san Lorenzo,
ma il suo progetto apparve esteticamente assai discutibile. Così nel 1929,
avviato il cantiere e iniziato lo scavo per le fondazioni, si incaricò il
celebre architetto e ingegnere Cesare Bazzani, accademico d’Italia, di
ridisegnare i prospetti esterni del teatro rispettando quanto più possibile lo
scheletro architettonico progettato da Celozzi. Bazzani, tuttavia, non si
limitò a ridisegnare i prospetti, ma rifece, per quanto atteneva alla parte
artistica, i disegni del vestibolo, dell’atrio, della sala etc. «onde metterli
in armonia con lo stile da lui prescelto per i prospetti». Per la verità, fin
da subito fece anche presente «la necessità di varie modifiche organiche, per
quanto di dettaglio, ne le planimetrie, ne l’organismo, già diligentemente
predisposto», facendo correggere in corso d’opera le fondazioni, il tutto in
funzione di una serie di modifiche, «consigliate da varie ragioni» che,
nondimeno, si rivelarono presto tutt’altro che «di dettaglio»: l’area del
palcoscenico e la zona riservata ai camerini e ai locali del retropalco furono
interamente riviste, il sistema di copertura dell’edificio fu del tutto trasformato,
l’avancorpo cogli ambienti di intrattenimento venne sostanzialmente rimodulato,
la sala teatrale fu modificata strutturalmente sia nella partizione dei palchi
sia nella definizione del quinto ordine, coll’arretramento delle colonne
portanti e la sostituzione della grande cupola circolare all’angusta calotta
irregolare immaginata da Celozzi, ottenendo maggiore visibilità, migliore acustica
e, soprattutto, un’eccezionale dilatazione degli spazi, perfetto amplificatore
della monumentale solennità dell’ambiente riformato dall’architetto. In
aggiunta, Bazzani pretese e ottenne di seguire personalmente l’esecuzione dei
suoi progetti, «elemento indispensabile per il migliore sviluppo e risultato di
lavoro». Il geniale architetto romano divenne, in altre parole, il principale
artefice dell’edificio teatrale, di cui curò ogni minimo dettaglio. Celozzi
invece, benché autore dell’ingegnosa ossatura originale del teatro, si limitò a
osservare le imposizioni di Bazzani e a dirigere il cantiere, intervenendo
esclusivamente in questioni di ordine statico.
L’impianto scenotecnico del teatro fu
realizzato da Mario Bornesacci, un’autentica autorità in materia. Le
decorazioni furono eseguite, su disegni di Bazzani, dall’artista sanseverese
Luigi Schingo. La grande cupola in ferro, pesante circa 19 tonnellate e del
diametro di 20 metri, fu costruita dalla ditta D’Achille di Pescara. Sempre su
disegni di Bazzani, inoltre, le prestigiose vetrerie Venini di Murano realizzarono
tutti i gruppi luminosi in cristallo, e soprattutto il gigantesco lampadario
della sala, del peso di circa una tonnellata.
Nel 1935 Bazzani inviò gli ultimi disegni,
quelli del ridotto dei palchi, e nel 1936 l’edificio, capace di 1600
spettatori, fu completato. Il nuovo teatro costò complessivamente 2.938.800
lire. Il 9 dicembre 1937 il nuovo Comunale fu solennemente inaugurato coll’Andrea Chénier di Umberto Giordano. Il
musicista, impossibilitato per ragioni di salute a dirigere personalmente
l’opera, scrisse il 4 dicembre al podestà, scusandosi di non poter intervenire
all’evento essendo «nella assoluta impossibilità di assentarsi da Milano», ma
dedicando memorabili parole al nuovo teatro: «Ciò mi addolora profondamente.
Avrei con gioia ammirato l’opera del sapiente e geniale architetto Bazzani e
sarei stato fiero di assistere fra i miei amati concittadini al mio Chénier,
dato per inaugurazione del Teatro. Sono anche orgoglioso come pugliese che la
mia S. Severo possa glorificarsi di possedere uno dei teatri più belli e moderni
che vanti l’Italia».
La sera dell’inaugurazione erano presenti
le autorità civili e militari, l’architetto Bazzani e gli altri artefici della
costruzione del teatro. Aprirono il velario di velluto cremisi «due valletti in
costume ed in parrucca». Il capolavoro di Giordano fu esaltato
dall’interpretazione del grande soprano Rosetta Pampanini.
La programmazione del nuovo teatro fu da
subito ricca e di qualità: furono allestiti numerosi spettacoli lirici e di
prosa, operette, varietà e balletti che resero la moderna struttura teatrale
sanseverese un imprescindibile punto di riferimento per l’intera Puglia e non
solo. Dopo la breve interruzione causata dagli eventi bellici, il teatro riprese
la regolare programmazione, offrendo un ampio ventaglio di spettacoli di ogni
genere (con personalità artistiche di prim’ordine) e confermando la sua
assoluta eccellenza in Capitanata. A garantire la continuità e la qualità degli
spettacoli fu Alfredo Menelao, l’impresario cui l’Amministrazione Comunale, che
scelse di non occuparsi direttamente della gestione artistica del teatro, si affidò
fin dalla stagione lirica inaugurale del 1937, un professionista di provata esperienza
che gestì la programmazione del teatro sanseverese quasi ininterrottamente fino
alla sua prematura scomparsa nel 1947, portando sul palcoscenico della sala di
Bazzani artisti lirici del calibro di Toti Dal Monte, Maria Pedrini, Margherita
Carosio, Gino Bechi, Galliano Masini, Iva Pacetti, Ebe Ticozzi, Benvenuto
Franci, Ugo Savarese ed altri.
Scomparso Alfredo Menelao, fu il suo
referente, l’impresario sanseverese Cesare Giancola, ad assumere la
responsabilità della gestione del teatro comunale, organizzando fino al 1974
una innumerevole serie di spettacoli di ogni genere e ospitando artisti di
prim’ordine, tra cui Peppino e Titina De Filippo, Carlo Dapporto, Walter Chiari
e Sandra Mondaini per la commedia, Paola Borboni, Salvo Randone, Aroldo Tieri e
Arnoldo Foà per la prosa, Erminio Macario, Fanfulla e Nino Taranto per
l’avanspettacolo, Domenico Modugno, Gino Paoli, Gianni Morandi e Rita Pavone
per la musica leggera.
Nel 1975 il teatro è stato ufficialmente dedicato
a Giuseppe Verdi. La nuova denominazione coincide colla fine dell’età degli
impresari, perché da questa data l’Amministrazione Comunale riprende a gestire
direttamente la programmazione del teatro. Finisce, così, anche l’uso poco
ortodosso e indiscriminato della monumentale struttura, impiegata spesso per
attività a dir poco improprie (non ultime le partite di pugilato, i banchetti
di nozze e le feste degli studenti) e coll’avancorpo divenuto sede di associazioni
giovanili, un utilizzo incauto che non mancò di danneggiare profondamente la
struttura e di rovinarne gli arredi.
Nel 1987, dopo cinquant’anni di vita
trascorsi senza alcun intervento di manutenzione straordinaria dell’edificio,
il teatro è stato chiuso per irrimandabili radicali restauri degli interni e
delle coperture. Completati i restauri, il teatro, rimesso completamente a
nuovo, riapre nel 1991 con un allestimento del Rigoletto di Verdi. Nel 2002, invece, si effettua il restauro dei
prospetti esterni, mai stati, fino ad allora, oggetto di manutenzione.
Emanuele d’Angelo